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La famiglia Luppino dalla Calabria alla Toscana
Tutto comincia in un paesino sperduto ai piedi dell’Aspromonte, in Calabria con questi due signori qua accanto: il nostro bisnonno e suo figlio. Domenico e Rocco Luppino.
Rocco era il secondo di sette fratelli e insieme a Peppino cominciò da ragazzo a lavorare con il padre nella conduzione di qualche ulivo e nel commercio del bestiame mentre gli altri fratelli furono destinati agli studi universitari.
Nel dopoguerra, riuscirono a mettere insieme un discreto numero di piante d’ulivo e si dedicarono interamente alla produzione di olio, abbandonando le altre attività.
Quando il padre e il fratello morirono, Rocco continuò da solo, allargando sempre di più l’azienda che arrivò a contare più di cento ettari di ulivi e la realizzazione di un nuovo e moderno frantoio.
Sperimentò, tuttavia, su sè stesso le difficolta di un ambiente ostile com’era e com’è quello del meridione per chi fa imprenditoria. Per questo si augurava ben altro per suo figlio Domenico (con i nomi giocavano sempre di fantasia!) che intanto stava manifestando la volontà di lavorare con lui, ma certo non poteva immaginare quello che sarebbe successo dopo.
Nel 1997 nostro padre ebbe quindi la felice idea di riprendere l’attività di famiglia deludendo le aspettative dei suoi genitori che avrebbero voluto altro per lui.
Lui invece fu un innovatore. Iniziò a potare gli alberi in modo radicale e a produrre un extravergine di qualità, imbottigliandolo. Realizzò un nuovo e moderno frantoio nel 2006 e avviò una cooperativa con l’obbiettivo di sottrare i ragazzi dalla criminalità, riuscendoci.
Tanti erano i suoi sogni e i suoi progetti, e sempre cercò di dare forza e vitalità ad una terra che amava. Per oltre vent’anni tentò di creare una realtà diversa, impegnandosi anche politicamente.
Subì innumerevoli intimidazioni da parte della criminalità organizzata, per anni fu sotto scorta, centinaia di alberi d’ulivo secolari vennero bruciati e venne minacciata direttamente la sua persona e anche la sua famiglia, noi.
Denunciò sempre, a più riprese. La situazione però non fece che peggiorare. In Toscana ci portò per proteggerci. Prima fu il nostro turno, lui intanto si era messo in testa qualcosa.
Nel 2018 nasce la Tenuta nel Val d’Arno di Sopra, in Toscana
Dopo anni di ricerca e tentativi andati a vuoto, finalmente nel 2018 riesce a intavolare un accordo per la compravendita di quella che oggi è ejamu, come poi l’ha ribattezzata lui.
Mentre noi proseguivamo gli studi universitari lui ci disse che questa era la volta buona e che c’era bisogno di noi.
Era la sua occasione per lasciare la Calabria, dove la situazione ormai si era fatta insostenibile, e raggiungere la famiglia che già dal 2014 abitava in Toscana. Non potevamo tirarci indietro.
Attraverso un finanziamento ISMEA per i giovani agricoltori che lui ha curato in prima persona, finalmente nel luglio del 2020 nasce ufficialmente ejamu con il nostro effettivo coinvolgimento. Proprio in quei mesi, mentre noi imbottigliavamo la nostra prima annata, lui scopriva il cancro. Nemmeno un anno dopo, lui non c’era già più. Eppure in qualche modo, fra queste vigne e questi ulivi, sembra sempre di rivederlo.
Ed eccoci qua. La vendemmia 2021 è la prima che abbiamo affrontato da soli, dopo due anni di covid.
Quell’anno tutto sembrava dirci di fermarci. Invece è nato Vertigine, il nostro canaiolo in purezza, con l’intento di rappresentare la paura non come limite ma come punto di partenza.
Il 2021 è stato anche il turno di Rabizza: con il nostro enologo Giampaolo Chiettini abbiamo selezionato il miglior sangiovese della Tenuta, vinificandolo in purezza.
Poi nel 2022 è stato il turno di Tombolo, perchè i bianchi barriccati ci piacciono parecchio ed avevamo ragione.
Il VDS è l’ultimo arrivato ma anche il più ambizioso: un vino a base sangiovese, espressione migliore di tutto il Val d’Arno di Sopra.
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